I Dammusi di Rosa

Apr22

CALA GADIR

Si raggiunge facilmente imboccando una strada asfaltata che si trova sulla sinistra della perimetrale, seguendo le chiare indicazioni. Il nome Gadir deriva dall’arabo e significa conca d’acqua, anche se qualcuno ipotizza un’origine semitica che indicherebbe un luogo protetto. Gadìr è una contrada con un piccolo villaggio sul mare, costituito da caratteristiche abitazioni tipiche di un borgo marinaro, disposte a semicerchio attorno ad un suggestivo porticciolo, facile ormeggio per le piccole imbarcazioni. La Cala di Gadir è una località conosciuta ed apprezzata fin dall’antichità per la presenza di acque termali, circoscritte in vasche scavate nella roccia, in cui la temperatura varia dai 40 ai 55° C. Queste acque dolci contengono sali minerali di provata efficacia terapeutica, ideali per la cura di artrosi e reumatismi. Sulle pareti delle vasche nasce un’alga indicata per curare sinusiti, raffreddori e piccoli problemi alle vie respiratorie.

Furono i Fenicio-Punici i primi ad apprezzare gli effetti curativi di queste acque. Il sito di Gadir offre inoltre un interessante percorso archeologico subacqueo, poichè nelle acque antistanti il porticciolo si trovano due relitti: il primo, databile tra la fine del lll e la prima metà del II secolo a.C., probabilmente trasportava anfore puniche e greco-italiche; il secondo relitto,databile tra la fine del ll e gli inizi del I secolo a.C., trasportava anfore prodotte nell’area cartaginese insieme ad altre romane.

IMMERSIONE E ARCHEOLOGIA

Ambiente roccioso e sabbioso, profondità 10/30 metri, visibilità ottima, corrente debole, difficoltà facile, immersione da terra e dalla barca.

La colata di roccia forma vari canali dove si possono trovare nudibranchi, polpi, cernie e murene. Il porticciolo di Cala Gadir è stato per gli antichi marinai dell’isola un luogo dove potersi riparare dalle mareggiate e scaricare le proprie merci. A testimonianza dell’importanza che questo approdo ha avuto in tempi passati, sono i numerosissimi resti di anfore che giacciono a pochi metri di profondità, quasi all’interno dell’approdo. Si tratta di un contesto integro dell’originaria disposizione del carico di un relitto. Lo studio delle anfore recuperate ha permesso però di identificare la presenza di almeno due relitti databili tra il III e II secolo a.C.. ll percorso archeologico si sviluppa seguendo una colata di roccia vulcanica che termina a circa 30 mt di profondità, in una distesa di sabbia bianca.

E’ proprio in quest’ambito che viene realizzato il primo itinerario archeologico subacqueo di Pantelleria. Si tratta dell’installazione, da parte della Soprintendenza del Mare nell’ambito del progetto STARS, di un sistema di telecamere che rimanda le immagini sul web tramite il sito della Soprintendenza stessa. La visita oltre ad essere in diretta può essere anche interattiva poiché l’utente attraverso il sito può guidare le telecamere su un binario e mettere a fuoco particolari, azionando l’obiettivo. Le anfore, sono in maggior percentuale anfore puniche di varia tipologia, cosa che sottolinea l’importanza commerciale di Pantelleria nelle rotte cartaginesi del Mediterraneo antico. Il percorso inizia a circa 18 mt di profondità, i reperti presenti sono stati tutti etichettati con pratiche lavagnette grazie alle quali i sub possono apprendere la tipologia del reperto, il suo utilizzo e l’epoca di produzione. Tra i vari e splendidi reperti segnaliamo un bellissimo ceppo d’ancora in piombo di circa 3 quintali di peso, due bellissime anfore puniche, un tre quarti di anfora romana e due paramezzali appartenenti ad un antico relitto. Immersione obbligatoria per chi ha deciso di visitare i fondali dell`isola, uno splendido tuffo nel passato.

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Feb13

Il Cappero di Pantelleria

Il cappero è un arbusto con un’altezza media di 30–50 cm con dei fiori molto vistosi bianchi e rosa con punte di viola.

Tra la fine di maggio e settembre comincia la fioritura e con essa la raccolta dei bottoni floreali non ancora aperti. Devono essere raccolti in modo tempestivo, prima dell’alba e appena germogliati. Quelli di dimensioni minori divengono, dopo la maturazione, il prodotto migliore.

Una volta raccolti vengono messi a maturare in salamoia in sale marino. La maturazione è un passaggio obbligato, allo stato fresco i capperi sono amari e di gusto sgradevole. I capperi messi a maturare nel sale marino (circa il 40% del loro peso) vi restano 10 giorni durante i quali vengono periodicamente rimescolati. Una volta scolati vengono posti nuovamente sotto sale (circa il 20% del loro peso) per altri 10 giorni. Alla fine di questo secondo passaggio sono pronti per essere consumati.

I capperi di Pantelleria IGP sono rigorosamente conservati al sale marino.

In epoca moderna, le prime notizie specifiche appaiono nel saggio del professore Pietro Calcara Breve cenno sulla Geognosia ed Agricoltura dell’isola di Pantelleria edito a Palermo nel 1855 sul “Il Giornale della Commissione d’Agricoltura e Pastorizia in Sicilia”. E nel suo Cenni storici su Pantelleria (1908), Pietro Brignone Boccanera afferma che a partire dalla seconda metà del XIX secolo “… andò coltivandosi il cappero e l’isola raggiunse la produzione di 600 quintali di capperi”.

Sono anche lodati da alcuni scrittori, come ad esempio Carlo Volonté che nel suo volume Ricette pratiche ha scritto: « … ed anzi è proprio l’Italia che vanta i migliori capperi del mondo: sono quelli dell’isola di Pantelleria, dove oltre a crescere splendidi allo stato spontaneo, i capperi vengono coltivati su ampia scala… ».

Sono gli ingredienti di molti piatti della cucina siciliana ad esempio la caponata di verdure chiamata sciakisciuka a Pantelleria o l’immancabile insalata pantesca. Di solito, per non perdere il loro aroma molto intenso non sono cotti, ma si aggiungono a fine cottura per essere solo leggermente scaldati. Tritati possono anche aromatizzare tartare di pesce, di carne o sughi di pomodoro.

Punta di Suvaky
Dic09

PUNTA DI SUVAKY

Tratto costiero a ridosso di Cimillia sul versante Sud Ovest dell’isola, è compreso fra Punta Fram e Cala dell’altura. La zona è pianeggiante è sicuramente una delle zone in cui si è costruito di più negli ultimi anni. Moltissime sono le villette di turisti e di residenti, molte rispettano l’architettura dei dammusi altre meno, ciò nonostante la zona conserva un aspetto gradevole ed armonioso, prevalgono i colori del nero delle rocce vulcaniche ed il giallo dei terreni costieri abbandonati.

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L’accesso al mare ed alla scogliera sono abbastanza comodi,vi si arriva percorrendo la strada che da Pantelleria porta a Scauri ed imboccando un sentiero sterrato, da percorrere a piedi, poco prima del bivio per contrada Madonna delle Grazie.
Il centro abitato di riferimento per negozi ed altro è Pantelleria. Anche in questa zona avere un mezzo di locomozione è indispensabile, in alternativa si possono utilizzare gli autobus che collegano Pantelleria con Scauri-Rakhale, che passano sulla strada perimetrale.

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Ott16
L’origine vulcanica di Pantelleria spiega le spettacolari colonne di vapore che potrete vedere fuoriuscire dai molti crepacci che si aprono nella roccia: sono le cosiddette “Favare”. Alla stessa causa sono da attribuire le saune naturali, le cosiddette “Stufe”, in cui le emanazioni di vapore raggiungono temperature altissime. Tra le molte sorgenti di acque termali presenti sull’isola, la più importante è lo Specchio di Venere.
Tutta la parte che si allunga da nord-est a sud-ovest è piuttosto rocciosa e scende a picco sul mare. La parte nord-occidentale è invece più pianeggiante e collinare.
La particolarità dell’isola risiede proprio nella varietà dei suoi paesaggi. Circondata da un mare cristallino e da coloratissimi fondali, racchiude al suo interno un territorio piuttosto aspro, in cui l’uomo è tuttavia riuscito a coltivare la vite, e una Riserva Naturale Orientata che si estende dal centro dell’isola fino alla costa.
STORIA
Fin dal neolitico, l’isola fu abitata da un popolo proveniente probabilmente dalla Tunisia. Già a quel tempo Pantelleria era un luogo di particolare importanza per l’abbondante presenza di ossidiana, il materiale più usato nella preistoria. A questo periodo risalgono alcuni monumenti funerari. Nel VII sec. a.C. fu colonizzata dai Fenici che la usarono per i loro commerci come ponte tra l’Africa e la Sicilia.

dammusotipicoContesa durante le guerre puniche, fu poi conquistata dai Romani, dai Bizantini e, nel ‘700, dagli Arabi che la chiamarono “Bent el Rion – Figlia del vento”.
dammusiLa lunga dominazione Araba ha lasciato segni profondi nella lingua, nelle usanze e nelle tradizioni dell’isola. Ad essi si devono anche la costruzione dei Dammusi, le caratteristiche abitazioni di Pantelleria in pietra lavica con il tetto a cupola. Da allora, Pantelleria seguì la sorte dell’intera Sicilia. Per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, durante la seconda guerra mondiale, subì un pesante bombardamento che distrusse gran parte dell’abitato.

UN PO’ DI CURIOSITA’
La morfologia dell’isola non regala neanche una insenatura naturalmente protetta dai venti: il versante dove andare a farsi un bagno lo sceglie madre natura, decidendo in quale direzione far soffiare il vento. A Pantelleria non esistono spiagge. La sabbia non è l’elemento di Pantelleria, ma lo sono le rocce plasmate dal mare e dal vento che diventano i “lettini” naturali per prendere il sole e fare un tuffo in acqua a rinfrescarsi.

Per gli irriducibili della sabbia, consigliamo allora di andare al lago vulcanico specchio di Venere dove un surrogato di spiaggia insieme a delle splendide fonti termali vi lasceranno a bocca aperta di fronte a tale teatro naturalistico.
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